Si svegliò ansimando, senza sapere chi fosse o dove si trovasse.
L’odore di sangue era greve nelle sue narici…o forse era il suo incubo che persisteva?
Aveva sognato nuovamente dei lupi, di corse attraverso scure foreste
di pini con un grande branco sulla scia dell'odore di una preda.
La stanza era debolmente illuminata, grigia e deprimente.
Rabbrividendo si mise a sedere sul letto e si passò una mano sulla
nuca. Gli ispidi capelli a spazzola si arruffarono contro il suo palmo.
‘Devo rasarmi prima che Izembaro se ne accorga. Mercy, sono Mercy, e stanotte sarò stuprata e assassinata’.
Il suo vero nome era Mercedene, ma Mercy era come tutti l’avevano sempre chiamata…
Eccetto nei sogni. Prese un respiro per calmare l’ululato che aveva nel
cuore, cercando di ricordare che cosa avesse sognato, ma la maggior
parte del sogno era già svanita. C’era stato del sangue comunque, e la
luna piena alta sopra la sua testa, e gli alberi che la guardavano mentre correva.
Aveva aperto le imposte di modo che il sole del mattino la
svegliasse. Ma non c’era sole al di là della finestra di Mercy, solo un
muro di mutevole nebbia grigia. L’aria si era fatta gelida…cosa buona,
altrimenti avrebbe potuto dormire tutto il giorno. Come se Mercy potesse
dormire col pensiero del proprio stupro.
La pelle d’oca le copriva le gambe. La
coperta le si era attorcigliata attorno come un serpente. Si districò
da essa, la gettò sul tavolato del pavimento e a piedi scalzi andò alla
finestra. Braavos era sommersa dalla nebbia. Poteva vedere l’acqua verde
nel piccolo canale sottostante, l’acciottolato di pietra della strada
che correva tra gli edifici e i due archi del ponte coperto dal muschio…ma
l’altro lato svaniva nel grigiore, e degli edifici al di sopra del
canale poteva scorgere solo fioche luci. Udì il gorgoglio dell' acqua allorché
una nave serpente emerse da sotto l’arco centrale del ponte.
“Che ora è?” chiese Mercy all’uomo che stava a poppa spingendo la barca avanti col remo.
Il barcaiolo guardò avanti, in cerca della sua voce. “Le 4 secondo il
ruggito del titano” Le sue parole echeggiarono cavernose contro le verdi
acque e le mura degli edifici invisibili.
Non era in ritardo
quindi, non ancora, ma non doveva indugiare. Marcy era un anima felice,
ed una lavoratrice instancabile, ma raramente era puntuale. Questo non
le sarebbe servito stanotte. Gli inviati di Westeros erano attesi al
Cancello quella sera e Izembaro non avrebbe accettato scuse, neppure se
gliele avesse servite con un dolce sorriso.
La sera prima aveva
riempito la sua bacinella nel canale, preferendo l’acqua salmastra alla
melmosa e verdastra acqua piovana della cisterna sul retro. Immergendovi
un panno di stoffa grezza si lavò da cima a fondo, rimanendo su una
gamba per volta per strofinarsi i piedi callosi. Dopodiché aveva preso
il rasoio. Una testa rasata aiutava la parrucca a calzare meglio, le aveva detto Izembaro.
Si rasò, indossò la biancheria, quindi
infilandoselo dalla testa scivolò dentro un informe vestito di lana
marrone. Una delle sue calze aveva bisogno di essere rammendata, pensò
mentre la infilava. Avrebbe chiesto aiuto a Snapper per ripararlo, la sua abilità nel cucire era così orribile che normalmente la donna aveva pietà di lei, e le dava una mano. Altrimenti avrebbe potuto
sgraffignarne un paio migliore dal guardaroba. D’altra parte era un
rischio. Izembaro odiava quando i guitti indossavano i suoi costumi per
le strade. Eccetto per Wendeyne. Dare al pene di Izembaro una
piccola succhiatina permetteva ad una ragazza di indossare qualunque
costume ella desiderasse. Mercy non era ancora così folle. Daena l’aveva
avvertita: “Le ragazze che imboccavano quella strada finivano sulla
Nave, dove ogni uomo nella platea sa che può avere ognuna delle
adorabili cose che vede sul palco, se solo la sua borsa è gonfia
abbastanza”.
I suoi stivali erano un ammasso di vecchio cuoio
marrone macchiato di sale e fessurato dal troppo uso, la sua cintura un pezzo di corda di canapa dipinta di blu. Se la annodò attorno alla
vita, appese un pugnale sul fianco destro e la sacca col denaro al sinistro.
Infine si gettò il mantello sulle spalle. Era un vero mantello da
guitto, lana viola foderata di rosso, con un cappuccio per tener fuori
la pioggia e l’aggiunta di tre tasche segrete. Nascose alcune monete in
una di esse, una chiave di ferro in un'altra ed una lama nell’ultima.
Una lama vera, non come il coltello da frutta che aveva al fianco, ma
non apparteneva a Mercy, non più di quanto le appartenessero gli altri
suoi tesori. Invece il coltello era di Mercy. Lei era fatta per
mangiare frutta, per sorridere e scherzare, per lavorare duramente e
fare quello che le veniva detto.
“Mercy, Mercy, Mercy” cantava
mentre scendeva le scale di legno verso la strada. La balaustra era
piena di schegge, gli scalini ripidi, e c’erano cinque rampe, ma questo
era il motivo per cui la stanza era così economica. Questo, e il sorriso
di Mercy. Poteva anche essere magra e pelata, ma Mercy aveva un bel
sorriso ed una certa grazia. Perfino Izembaro concordava sul fatto che
era aggraziata. Non era lontana dal Cancello per il volo di un corvo, ma
per la fanciulla con i piedi al posto delle ali la strada era più
lunga.
Braavos era una città intricata. Le strade erano curve, i viali
erano ritorti ed i canali erano i più contorti di tutti. La maggior
parte dei giorni preferiva fare la strada lunga, giù dalla via degli
straccivendoli e lungo il Porto Esterno, dove si vedeva il mare ed il
cielo al di sopra e si aveva una chiara visione dalla Grande Laguna
all’Arsenale fino ai declivi ricoperti dai pini dello Scudo di
Sellagoro. I marinai lungo i moli salutavano il suo passaggio,
chiamandola dai ponti delle catramose baleniere Ibbenesi e dalle
panciute navi dell’ovest. Mercy non capiva sempre le parole. Alle volte
sorrideva in risposta e diceva che la potevano trovare al Cancello se
avevano i soldi. La strada lunga la conduceva anche ad attraversare il
Ponte degli Occhi dove erano scolpite le facce di pietra. Dall’alto
della sua volta poteva guardare attraverso agli archi e vedere tutta la
città: Le cupole di rame verde della Sala della Verità, le alberature
che si alzavano simili ad una foresta dal Porto Viola, le alte torri dei
potenti, Il fulmine dorato che si avvitava su se stesso sopra il
Palazzo dei Signori del Mare..perfino le spalle bronzee del Titano, al
di là delle acque verdi. Ma questo era per i giorni in cui il sole
splendeva sopra Braavos. Quando la nebbia era spessa non c’era niente da
vedere se non il grigiore, quindi quel giorno Mercy scelse la strada
corta per risparmiare un po’ i suoi malridotti stivali. La nebbia pareva
aprirsi di fronte a lei per richiudersi al suo passaggio.
L’acciottolato era umido e scivoloso sotto ai suoi piedi. Udì un gatto
miagolare in maniera lamentosa. Braavos era una buona città per i gatti,
ed essi vagabondavano ovunque, specialmente la notte. Al buio tutti i
gatti sono grigi. Al buio tutti gli uomini sono assassini.
Non
aveva mai visto una nebbia più spessa di quella. Sui canali più ampi,i
barcaioli guidavano le loro barche altrove, incapaci di produrre una
luce più efficiente del fioco chiarore che proveniva dagli edifici
dall’altra parte. Mercy oltrepassò un vecchio uomo con una lanterna che
camminava nella direzione opposta ed invidiò la sua luce. Le strade
erano così fosche che a stento vedeva dove metteva i piedi. Nella parte
più umile della città, le case, i negozi, e i magazzini erano ammassati
insieme, tutti appoggiati uno sull’altro come amanti ubriachi, i locali
superiori così vicini che avresti potuto con un passo andare da un
balcone all’altro. Le strade di sotto divennero tunnel oscuri dove ogni
passo eccheggiava. I canali più piccoli erano ancor più un azzardo
perché la maggior parte delle case che li costeggiavano aveva approdi
privati sull’acqua.
Izembaro amava dare ai Signori del Mare
estratti dalla Malinconica Figlia del Mercante, di come “l’ultimo Titano
fosse ancora lì, a cavalcioni delle pietrose spalle dei suoi fratelli”.
A Mercy però era piaciuta di più la scena in cui il mercante grasso
aveva provocato il signore del mare mentre passava al di sotto della sua
chiatta viola ed oro. Solo in Braavos accadevano cose del genere, era
stato detto, e solo in Braavos Il Signore del Mare ed il marinaio
avrebbero riso sguaiatamente alla stessa maniera. Il Cancello era vicino
al confine della Città Annegata, nel mezzo tra il Porto Esterno ed il
Porto Viola.. Un vecchio magazzino era bruciato lì ed il terreno
affondava ogni anno di più, quindi la zona era economica. Al di sopra
delle fondamenta di pietra affondate del magazzino Izembaro aveva
erettoli suo cavernoso teatro. La Cupola e La Lanterna Blu potevano
godersi vicini più alla moda, diceva ai suoi guitti, ma li, nel mezzo
tra i porti, a loro non sarebbero mai mancati marinai e sgauldrine per
riempire la loro platea. La Nave era vicina, e tutt’ora attirava folla
al molo alla quale era ormeggiata da più di venti anni, diceva, ed anche
Il Cancello ne avrebbe goduto e prosperato. Il tempo gli aveva dato
ragione. Il palco del Cancello si era inclinato, via via che l’edificio
si assestava, i loro costumi soccombevano alla muffa ed i serpenti
d’acqua nidificavano nelle celle sotterranee ma niente di tutto questo
preoccupava i guitti fintanto che la casa era piena.
L’ultimo ponte
era fabbricato con corde e tavole grezze e pareva svanire nel nulla, ma
era solo l’effetto della nebbia. Mercy l’attraversò, i tacchi che
risuonavano sul legno. La nebbia si aprì di fronte a lei come una
malsana cortina grigia per rivelareil teatro. Luci giallastre filtravano
dalla porta e Mercy udiva voci provenire dall’interno. DI fianco
all’entrata, Brusco aveva dipinto il titolo dell’ultimo spettacolo e
scritto ‘La Mano Insanguinata’ in grandi lettere rosse. Aveva dipinto
anche una mano insanguinata al di sotto di esse, per quelli che non
sapevano leggere.
Mercy si fermò a dargli un’occhiata, “ E’ una
bella mano” Gli disse. “il pollice è storto” Obiettò lui picchiettandolo
col pennello
“Il Re dei Guitti ha chiesto di te”
“Era così
buio che ho dormito e dormito” Quando Izembaro aveva inizialmente
soprannominato se stesso Re dei Guitti, la compagnia aveva tratto un
piacere perverso dal fatto, assaporando l’oltraggio dei rivali della
Cupola e della Lanterna Blu. Successivamente però Izembaro aveva
cominciato a prendere il titolo troppo seriamente. “Adesso vuole fare
solo il Re” aveva riferito Marro roteando gli occhi “e se la commedia
non ha un Re lui non intende neppure salire sul palco”
La Mano
Insanguinata aveva due re da offrire, quello grasso ed il ragazzo.
Izembaro avrebbe fatto quello grasso. Non era una gran parte, ma aveva
una bel dialogo mentre giaceva morente, ed uno splendido combattimento
con un orso demoniaco prima di quello. Phario Forel l’aveva scritto e
lui aveva la penna più sanguinaria di tutta Braavos.
Mercy trovò la
compagnia radunata sotto al palco e scivolò nel mezzo tra Daena e
Snapper sul retro, sperando che il suo arrivo non venisse notato.
Izembaro stava dicendo a tutti che si aspettava che il Cancello fosse
pieno zeppo quella sera, a dispetto della nebbia. “i Re di Westeros
stanno mandando i loro inviati a rendere il loro omaggio al Re dei
Guitti stanotte” disse alla truppa “noi non scontenteremo i nostri
compagni monarchi”
“noi?” disse Snapper che cuciva tutti i costumi per i guitti “ce n’è più di uno adesso?”
“Lui è grasso abbastanza da contare per due” sussurrò Bobono. Ogni
compagnia di guitti doveva avere un nano. Lui era il loro. Quando vide
Mercy le lanciò un’occhiata maligna “oh” disse “Eccola qua! E pronta la
piccola fanciulla per il suo stupro?” le disse schioccando le labbra.
Snapper gli dette uno scappellotto “sta buono”. Il Re dei guitti ignorò
il loro battibecco. Stava ancora parlando e spiegando ai guitti quanto
magnifici avrebbero dovuto essere. A parte gli inviati, ci sarebbero
stati i carcerieri tra la folla quella sera , così come famose
cortigiane. Non intendeva che se ne andassero con una cattiva opinione
sul Cancello. “Le cose si metteranno male per ogni uomo che mi deluderà”
promise, una minaccia presa a prestito dal discorso che il Principe
Garin tenne alla vigilia della battaglia nella Furia dei Signori dei
Draghi, la prima commedia Di Phario Forel.
Quando Izembaro ebbe
finito di parlare, mancava meno di un’ora all’inizio dello spettacolo ed
i guitti facevano a turno ad esser frenetici ed irritabili. Il cancellò
risuonò del nome di Mercy.
“Mercy” l’implorò la sua amica Daena “Lady Stork è inciampata ancora sull’orlo del suo abito. Aiutami a ricucirlo”
“Mercy” la chiamò lo straniero “portami l’unguento di sangue, il mio corno si sta ammosciando”
“Mercy” tuonò il grande Izembaro stesso “che ne hai fatto della mia
corona ragazzina? Non posso fare la mia entrata senza la corona? Come
dovrebbero capire che sono il re?”
“Mercy” squittì il nano Bobono “Mercy c’è qualcosa che non và con le stringhe, l’uccello continua a scapparmi fuori”
Portò la pasta appiccicosa e aggiustò il corno sulla testa dello
Straniero. Trovò la corona di Izembaro dove la lasciava sempre e lo
aiutò ad appuntarla sulla parrucca, quindi corse a prendere ago e filo
cosicché Snapper potesse cucire l’orlo sul retro dell’abito dorato che
la regina avrebbe indossato nella scena del matrimonio.
Il ca**o di
Bobono fuoriusciva veramente. Era fatto per quello, per lo stupro.”che
cosa orribile” pensò Mercy mentre si inginocchiava di fronte al nano per
fissarlo. L’uccello era lungo un piede e spesso come un braccio, grande
abbastanza da essere visibile dalla balconata più alta. Il pittore però
non aveva fatto un gran lavoro col cuoio. La cosa era una roba bianca e
rosa con una bulbosa testa color prugna. Mercy lo ricacciò dentro le
brache di Bobono e lo allacciò nuovamente. “Mercy” cantò lui mentre lei
stringeva “Mercy Mercy, vieni nella mia stanza stanotte e rendimi
uomo...”
“farò di te un eunuco se continui a slacciarti solo perché io possa giocherellare col tuo bastone”
“ma noi siam stati fatti per stare insieme, Mercy” insistette Bobono “guarda, siamo anche alti uguali”
“Solo quando sono in ginocchio. Ti ricordi la tua prima battuta?”
Erano passate solo un paio di settimane da quando il nano era barcollato
ubriaco sul palco ed aveva aperto ‘L’Angoscia dell’Arconte’ con la
mostruosa arringa della ‘lussuriosa moglie del mercante’. Izembaro lo
avrebbe scuoiato vivo se avesse fatto nuovamente un simile errore, a
prescindere da quanto fosse difficile trovare un buon nano.
“Cosa mettiamo in scena Mercy?” Le chiese Bobono innocentemente.
‘Mi sta provocando’, pensò Mercy. Non è ubriaco stanotte, conosce lo spettacolo perfettamente.
“Facciamo ‘La mano Insanguinata’ di Phario in onore degli inviati dei sette regni”
“ora ricordo” Bobono abbassò la voce in un sinistro brontolio “Il dio
dalle sette facce si è preso gioco di me” disse “Ha fatto il mio nobile
sire di puro oro, e sempre d’oro ha fatto i miei fratelli, maschi e
femmine. Ma io sono fatto di una materia più oscura, di ossa, sangue e
argilla, mischiate in questa rozza forma che vedi davanti a te. “ detto
questo cercò di afferrarle il petto, alla goffa ricerca di un capezzolo
“Non hai tette. Come posso stuprare una ragazza senza tette?”
Lei gli prese il naso tra il pollice e l’indice e lo torse “Non riavrai il tuo naso fin quando non mi togli le mani di dosso”
“OWWWW” squitti il nano lasciandola andare.
“A me cresceranno le tette in un anno o due” Mercy si erse come una
torre sul piccolo uomo “Ma a te non ricrescerà un altro naso. Pensa a
questo prima di toccarmi di nuovo”
Bobono si strofinò il delicato naso. “Non c’è bisogno di esser così timide, ti stuprerò ben presto”
“Non fino al secondo atto”
“Dò sempre una strizzatine alle tette di Wendeyne quando la stupro
durante ‘L’Angoscia dell’Arconte’”si lamentò il nano “a lei piace, e
piace anche alla platea. Bisogna compiacere la platea!”
Quella era una delle ‘perle di saggezza’ di Izembaro, come gli piaceva definirle. Bisogna compiacere la folla.
“Scommetto che alla platea piacerebbe se strappassi l’uccello del nano e
glielo sbattessi sulla testa” replicò Mercy “sarebbe qualcosa che non
hanno mai visto prima”.
Bisognava sempre dare alla folla qualcosa
che non avesse già visto prima, era un'altra delle perle di saggezza di
Izembaro, una di quella per la quale Bobono non aveva una risposta.
“ecco qua, sei a posto” annunciò Mercy “E adesso guarda se ti riesce di tenerlo dentro alle brache fin quando non ti servirà”
Izembaro la stava nuovamente chiamando. Adesso non trovava la sua
lancia da orso. Mercy la trovò per lui, quindi aiutò Brusco ad
approntare la sua tenuta da orso, controllò i pugnali di scena giusto
per essere sicura che nessuno li avesse rimpiazzati con delle lame vere
(qualcuno lo aveva fatto a Dorme una volta, ed un guitto era morto) ed
infine verso a Lady Stork il piccolo bicchierino di vino che le piaceva
farsi prima di ogni spettacolo. “Quando tutti i “Mercy, Mercy, Mercy”
cessarono, rubò un momento per dare una sbirciatina fuori nella casa. La
platea era piena come non aveva mai visto, e si stavano già divertendo,
scherzando, mangiando e bevendo. Vide un venditore ambulante vendere
pezzi di formaggio, strapparli con le dita dalla ruota ogni volta che
trovava un acquirente. Una donna aveva una borsa di mele rugose, otri di
vino passavano di mano in mano, alcune ragazze vendevano baci, ed un
marinaio suonava la cornamusa. Il piccolo uomo dagli occhi tristi
chiamato Quill stava sul retro, venuto a vedere cosa avrebbe potuto
rubare per una delle sue commedie. Era venuto anche Cossomoil
Prestigiatore, e al suo braccio c’era Yna, la pu***na con un occhio solo
di Porto Felice, ma Mercy non avrebbe dovuto conoscerli, e loro non
avrebbero dovuto conoscere Mercy.
Daena riconobbe tra la folla
alcuni clienti abituali del Cancello e li indicò, Il tintore Dellono con
la faccia bianca e tirata e le mani macchiate di viola, Galeo il
salsicciaio, con il suo unto grembiale di cuoio, l’alto Tamarro con il
suo ratto domestico sulla spalla. “Sarà bene che Tomarro provveda a non
far vedere il ratto a Galeo” l’avvisò Daena “E’ l’unica carne che mette
all’interno delle salsicce ho udito”.
Mercy si coprì la bocca e rise.
Anche le balconate erano gremite. Il primo ed il terzo livello erano
per mercanti, capitani ed altra gente rispettabile. I bravosiani
preferivano il quarto e l’ultimo, dove le sedute costavano meno. Lassù
era un tumulto di colori sgargianti, mentre in basso dominavano tonalità
più cupe. La seconda balconata era suddivisa cabine private dove i
potenti potevano avere comfort e privacy, al riparo dalle volgarità
inferiori e superiori. Avevano la miglior visuale del palcoscenico,
servi che gli portavano cibo, vino , cuscini e tutto ciò che potessero
desiderare. Era raro vedere la balconata piena per più della metà al
Cancello, poiché i potenti che si godevano una nottata di guittate erano
più inclini a visitare La Cupola o la Lanterna Blu dove l’offerta era
considerata più sottile e poetica.
‘Questa notte è diversa’ pensò,
senza dubbio a causa degli inviati da Westeros. In una delle cabine
private sedevano tre rampolli di Otharys, ognuno accompagnato da una
famosa cortigiana: Prestayn sedeva da solo, un uomo così antico da farti
chiedere come avesse fatto ad arrivare al suo posto a sedere. Torone e
Pranelis dividevano una delle cabine, così come condividevano una
scomoda alleanza; La Terza spada ospitava una mezza dozzina di amici.
“Ho contato cinque carcerieri” disse Daena
“Bessaro è così grasso che dovresti contarlo due volte” replicò Mercy
ridacchiando. Izembaro aveva il pancione ma al confronto di Bessaro era
agile come un salice. Il carceriere era così grasso da necessitare di
una seduta speciale, grande tre volte una sedia comune.
“Sono tutti
grassi i Reyaans” disse Daena “pance grandi come le loro navi. Avresti
dovuto vedere il padre, faceva sembrare quello piccolo. Una volta venne
convocato alla Casa della Verità per votare, ma quando mise piede sulla
sua chiatta questa affondò.” Poi diede di gomito a Mercy “guarda, la
cabina dei Signori del Mare”. I Signori del Mare non avevano mai
visitato il Cancello, ma Izembaro gli aveva sempre riservato comunque
una cabina, la più larga e opulenta di tutto il teatro. “Quelli devono
essere gli inviati da Westeros. Hai mai visto simili abiti su di un
vecchio? E guarda, ha portato la Perla Nera!”
L’inviato era esile e
calvo, con un divertente ciuffo di barba grigia che gli cresceva dal
mento. Il suo mantello era di velluto giallo, così come le sue brache.
Il suo farsetto era di un blu così brillante che quasi fece lacrimare
gli occhi di Mercy. Sul suo petto, uno scudo era stato ricamato in filo
giallo, e al di sopra di esso stava un orgoglioso gallo blu di
lapisalazzuli. Una delle sue guardie lo aiutò a sedersi, mentre altre
due stavano alle sue spalle sul retro dello spazio a lui riservato. La
donna che lo accompagnava non poteva avere più di un terzo dei suoi
anni. Era così adorabile che le lampade sembravano più luminose quando
lei passava loro vicino. Era vestita in un abito di pallida seta gialla
tagliato basso, sorprendente contro il marrone chiaro della sua pelle. I
capelli neri erano trattenuti da una reticella di filigrana d’oro, ed
una collana anch’essa d’oro le accarezzava la parte superiore dei seni
pieni. Mentre guardavano lei si chinò vicino all’inviato e gli sussurrò
qualcosa all’orecchio che lo fece ridere.
“La dovrebbero chiamare la Perla Marrone” disse Mercy a Daena. “ E’ più marrone che nera”.
“La prima Perla Nera era nera come una pentola di inchiostro” disse
Daena. “Era una regina pirata, figlia dei signori del Mare e di una
principessa delle Isole dell’Estate. Uno dei Re dei Draghi da Westeros
la prese come sua amante.”
“Mi piacerebbe vedere un drago” disse Mercy malinconicamente “Perché mai l’inviato ha un pollo sul petto?”
Daena ululò. “Mercy ma non sai niente? E’ un sigillo. Nei regni del
tramonto i Lord hanno dei sigilli. Alcuni hanno fiori, altri hanno
pesci, alcuni orsi ed alci ed altre cose. Vedi, le guardie dell’inviato
vestono dei leoni”
Era vero. C’erano quattro guardie. Grosse, uomini
duri in cotta di maglia, con pesanti spade dell’ovest rinfoderate ai
loro fianchi. I loro mantelli porpora erano bordati da spirali d’oro, e
leoni dorati con occhi di granito reggevano il mantello su di ogni
spalla. Quando Mercy occhieggiò alle facce al di sotto degli elmi
crestati dai leoni, la sua pancia ebbe un brivido.
Gli Dei mi hanno mandato un dono. Le sue dita si strinsero sul braccio di Daena.
“Quella guardia, quella in fondo, dietro la Perla Nera.”
“che ha? Lo conosci?”
“No” Mercy era nata ed era stata allevata in Braavos, come avrebbe
potuto conoscere un uomo dell’ovest? Doveva pensare un attimo. “e’
solo…Bhè è carino non credi?” lo era, in un certo qual modo, sebbene i
suoi occhi fossero duri.
Daena rabbrividì. “E’ veramente vecchio.
Non quanto gli altri ma avrà almeno trent’anni. Ed è di Westeros. Sono
dei terribili selvaggi Mercy. E’ meglio stare lontani da individui come
quello”.
“stare lontano?” Mercy ridacchiò. Era una ragazzina sghignazzante, era Mercy.
“No. Devo avvicinarmi.” diette una stretta a Daena e disse: “Se Snapper
viene a cercarmi, dille che sono uscita un attimo per leggere la parte
una altra volta.”
L’aveva fatto poche volte, e solo un pochino. “oh,
no, no, no, no” e “No, Oh no, non toccarmi” e “per piacere mio signore,
sono ancora vergine” ma questa era la prima volta che Izembaro le dava
una parte, quindi era normale aspettarsi che la povera Mercy desiderasse
che ogni cosa andasse per il verso giusto.
L’inviato dai sette
regni aveva preso due delle sue guardie dentro il sio portico perché
stessero dietro a lui e alla Perla Nera, ma gli altri due erano stati
posizionati fuori dalla porta ad assicurarsi che nessuno disturbasse.
Stavano parlando sommessamente nella lingua comune dei Sette Regni
quando lei gli scivolò silenziosamente dietro nello scuro passaggio.
Quello non era un linguaggio che Mercy conoscesse.
“Per i sette
inferi questo posto è umido” udì la guardia lamentarsi “sono congelato
fino al midollo. Dove sono i fottuti alberi di arance? Ho sempre sentito
dire che c’erano gli alberi di arance nelle città libere. Limoni e
lime. Melograni. Peperoncini piccanti, notti calde, ragazze con le pance
nude. Dove sono le ragazze con le pance scoperte, ti chiedo?”
“Giù a Lys, a Myr, e a Vecchia Volantis” replicò l’altra guardia. Era un uomo più vecchio, rugoso e con una grande pancia.
“Andai a Lys con Lord Tywin una volta, quando era la mano di Aerys.
Braavos è a nord di Approdo del Re, folle. Non sai leggere una fottuta
mappa?”
“Quanto pensi che rimarremo qui?”
“Più a lungo di
quanto ti piacerebbe.” Rispose il vecchio. “se ritorna senza l’oro la
regina vorrà la sua testa. A parte questo, ho visto sua moglie. Ci sono
scale a Castel Granito che lei non può scendere per paura di restare
bloccata per quant’è grassa. Chi tornerebbe a tutto questo quando ha già
la sua scura regina?”
La guardia affascinante ghignò “Non credi che la dividerebbe con noi dopotutto?”
“Cosa sei, impazzito? Pensi che noti quelli come noi? Fottuto
sodomita. Non azzecca nemmeno i nostri nomi la metà delle volte. Forse
era differente con Clegane.”
“Ser non era uno da spettacoli di
guitti ed allegre sgualdrine. Quando Ser voleva una donna la prendeva,
ma alle volte dopo lasciava che l’avessimo anche noi. Non considererei
di avere un assaggio della Perla Nera. Pensi che sia rosa in mezzo alle
gambe?”
Mercy avrebbe voluto udire di più, ma non c’era più tempo.
La Mano Insanguinata stava per cominciare, e Snapper l’avrebbe cercata
perché l’aiutasse con i costumi. Izembaro poteva essere il Re dei
Guitti, ma Snapper era quella che tutti temevano. Avrebbe avuto
sufficiente tempo per la sua bella guardia più tardi.
La Mano
Insanguinata cominciava in una tomba. Quando il nano apparve
all’improvviso dietro una pietra tombale di legno, la folla cominciò a
fare gli scongiuri. Bobono dondolò verso la parte anteriore del palco e
sbirciò verso di loro. “Il dio dai sette volti si è preso gioco di me.”
Cominciò, ringhiando le parole.“Ha fatto il mio nobile sire di puro oro,
e sempre d’oro ha fatto i miei fratelli, maschi e femmine. Ma io sono
fatto di una materia più oscura, di ossa, sangue e argilla…”
Allora
Marro era apparso dietro li lui, desolato e orribile nella lunga tunica
nera dello Straniero. Anche la sua faccia era nera, i suoi denti rossi e
luccicanti di sangue, mentre corna di avorio bianco spuntavano fuori
dalle sue sopracciglia. Bobono poteva non vederlo, ma le balconate si, e
alla fine anche la platea. Il Cancello divenne mortalmente quieto, e
Merro venne in avanti silenziosamente.
Così fece Mercy. I costumi
erano tutti appesi, e Snapper era occupata a cucire Daena dentro al suo
vestito per la scena di corte, quindi l’assenza di Mercy non sarebbe
stata notata. Silenziosa come un ombra, scivolò dentro e dietro di
nuovo, su fino a dove le guardie stava davanti alla porta della cabina
privata. Ferma nell’alcova buia, immobile come pietra, ebbe modo di
osservare per bene la sua faccia. Lo studiò attentamente, in modo da
essere sicura. Sono troppo giovane per lui? Si chiese. Troppo piatta?
Troppo magra? Sperava che non fosse il genere d’uomo che amava i grandi
seni sulle ragazze. Bobono aveva avuto ragione sul suo petto.
‘Sarebbe stato meglio se avessi potuto riportarlo al mio posto e averlo tutto per me. Ma verrà con me?’
“Pensi possa essere lui?” stava dicendo quello carino.
“Cosa, gli estranei ti hanno fregato l’ingegno?”
“Perché no? E’ un nano non ti sembra?”
“Il Folletto non era l’unico nano al mondo”.
“Forse no ma, guarda qua, tutti non fanno che ripetere quanto sia
astuto, giusto? Quindi forse lui immagina che l’ultimo posto in cui sua
sorella avrebbe mai guardato fosse uno spettacolo di guitti dove avrebbe
fatto ridere di se stesso. Quindi fa esattamente questo, per menarla
per il naso.”
“Ah, tu sei pazzo.”
“Bene, forse io lo seguirò
dopo la guittata. Lo troverò per me.” La guardia mise una mano sull’elsa
della spada. “se ho ragione, sarò un Lord, e se mi sbaglio, dannazione è
solo un nano.” Dette in un verso e rise.
Sul palco Bobono stava
mercanteggiando con il sinistro Straniero di Marro. Aveva una voce
potente per un uomo così piccolo ed in quel momento la faceva risuonare
fino alle travi più alte. “Dammi la coppa.” Disse allo Straniero. “ed io
berrò a fondo. E se saprà di oro e sangue di leone, meglio così. Se non
posso essere l’eroe, lasciatemi essere il mostro, e che imparino la
paura invece dell’amore.”
Mercy mimò l’ultima parte con lui. Era una parte migliore della sua.
‘Mi vorrà, o non mi vorrà’ pensò, quindi lasciamo che la commedia
inizi. Recitò una silenziosa preghiera al dio dai mille volti, scivolò
fuori dall’alcova e si diresse verso le guardie. Mercy, Mercy, Mercy.
“Miei signori” disse “Parlate Bravosiano? O per favore, ditemi che lo fate!”
Le due guardie si scambiarono uno sguardo “che cosa sta succedendo?” chiese il più vecchio “chi è lei?”
“Uno dei guitti” Disse quello carino. Spinse i suoi bei capelli
all’indietro e le sorrise. “scusa dolcezza, non parliamo il tuo
gibble-gabble”
‘Tutta apparenza” pensò Mercy ‘Conoscono solo la lingua comune.’
Questo non era bene. Arrenditi o vai avanti. Ma lei non poteva arrendersi. Lo voleva così tanto.
“io conosco la vostra lingua, un pochino”, mentì, con il più dolce
sorriso di Mercy. “Voi siete i signori di Westeros , mi hanno detto i
miei amici.”
Il vecchio rise. “Signori? Si, siamo noi!”
Mercy guardò in basso verso i suoi piedi, timidamente.
“Izembaro dice di compiacere i Signori” sussurrò. “c’è niente che desiderate? Qualsiasi cosa…”
Le due guardie si scambiarono un'altra occhiata. Quindi quello affascinante le si avvicinò e le toccò il seno.”qualsiasi..?”
“Sei disgustoso” disse l’uomo anziano.
“perché? Se Izembaro vuole essere ospitale sarebbe scortese rifiutare”.
Le diede un pizzico al capezzolo attraverso la stoffa del vestito, alla
stessa maniera del nano quando gli stava aggiustando l’uccello.
“I guitti sono la cosa più simile alle puttane.”
“Può essere, ma questa è una bambina.”
“Non lo sono.” Mentì Mercy. “sono una fanciulla adesso.”
“Non ancora per molto” disse quello carino. “io sono Lord Rafford,
dolcezza, e so quello che voglio. Alza questa gonna adesso e appoggia la
schiena contro il muro.”
“Non qui.” Disse Mercy sfregandosi le
mani. “Non dove stanno facendo lo spettacolo, potrei urlare e Izembaro
darebbe di matto.”
“Dove allora?”
“Conosco un posto.”
Il
più vecchio si stava accigliando. “Cos’è credi di poter semplicemente
sgattaiolare via? Che succede se Sua Cavalierezza viene a cercarti?”
“Perché dovrebbe? Ha uno spettacolo da guardare. Ed ha la sua pu***na, perché dovrebbe volere la mia? Non ci vorrà molto.”
‘No’, pensò lei, ‘non ci vorrà molto’
Mercy lo prese per la mano, lo condusse sul retro e giù dalle scale e
fuori nella notte nebbiosa. “potresti essere un guitto se volessi, “ gli
disse lei, mentre lui la spingeva contro il muro del teatro.
“io?” sbuffò la guardia, “Non io ragazzina. Tutte quelle fottute chiacchiere, non ne ricorderei la metà.”
“E’ dura all’inizio,” ammise lei, “Ma dopo un po’ diventa più facile. Potrei insegnarti a recitare una battuta. Potrei.”
Lui l’afferrò per la vita. “io sarò l’insegnante. Ed è tempo della tua
prima lezione.” La tirò forte contro di se e la baciò sulle labbra
forzando la lingua dentro la sua bocca. Era tutto umido e melmoso. Come
un anguilla. Mercy lo lecco con la lingua, quindi si staccò da lui,
senza fiato. “Non qui. Qualcuno potrebbe vedere. La mia stanza non è
lontana, ma svelto. Devo tornare prima del secondo atto, o mi perderò il
mio stupro.”
Lui sogghignò. “Di questo non devi aver paura,
ragazzina.”Ma lasciò che lei lo conducesse. Mano nella mano, corsero
attraverso la nebbia, sopra ponti e attraverso vicoli e su per cinque
rampe di insidiose scale di legno. Quando giunsero ad entrare attraverso
alla porta della piccola stanza, la guardia aveva ormai il fiato corto.
Mercy accese un’ alta candela, quindi danzò attorno a lui,
ridacchiando. “Oh, adesso sei così stanco. Non ricordo quanto sei
vecchio, mio signore. Vuoi per caso fare un riposino? Stenditi
semplicemente e chiudi gli occhi, ed io ritornerò indietro appena il
Folletto avrà finito di stuprarmi.”
“Tu non vai da nessuna parte.”
Lui la tirò rudemente contro di se, “Esci da questi stracci, e ti
mostrerò quanto sono vecchio.”
“Mercy” disse,”il mio nome è Mercy, puoi dirlo?”
“Mercy,” disse, “Il mio nome è Raff.”
“Lo so.” Lei fece scivolare la mano tra le sue gambe e sentì quanto fosse duro attraverso la pesante stoffa delle brache.
“Le stringhe.” La incitò lui, “Fa la brava bambina e slacciale.”
Ma lei invece strusciò il dito lungo il profilo interno della coscia. A
lui sfuggì un grugnito. “Dannazione, attenta laggiù,tu..”
Mercy boccheggiò e si allontanò da lui, la faccia confusa e spaventata. “stai sanguinando.”
“che…” lui guardò in giù “O dei Misericordiosi. Che mi hai fatto
piccola tr**a?” la macchia rossa si allargava sulla coscia inzuppando il
tessuto pesante.
“niente.” Squittì Mercy, “io non ho mai…oh, c’è così tanto sangue. Fermalo ti prego mi stai spaventando.”
Lui scosse la testa e gettò uno sguardo al suo volto. Quando tentò di
far pressione sulla coscia, il sangue fluì attraverso alle sue dita.
Correva giù lungo la gamba, fino dentro allo stivale. Non era così
piacevole adesso, appariva solamente spaventato.
“un asciugamano”
chiese la guardia, “portami una pezza, uno straccio, pigialo forte lì.
Dei. Mi sento confuso…” La sua gamba era fradicia di sangue dalla coscia
in giù. Quando tentò di appoggiarci sopra, il ginocchio cedette e
cadde. “aiutami,” supplicò, mentre il cavallo delle sue brache si
arrossava. “madre abbi misericordia. Un guaritore…corri, trova un
guaritore e portalo qui. Veloce.”
“Uno c’è, nel canale accanto ma non verrà qui. Devi andare tu da lui. Puoi camminare?”
”Camminare?” le sue dita erano viscide di sangue, “Sei cieca
ragazzina? Sto sanguinando come un maiale squartato. Non posso camminare
così.”
“Bhè, non so proprio come potresti fare ad arrivare là allora.”
“dovrai portarmi.”
‘Vedi?’ pensò Mercy. ‘Conosci la tua parte allora, esattamente come me’.
“Tu pensi?” chiese dolcemente Arya.
Raff Dolcecuore la guardò intensamente mentre la lunga lama sottile
usciva scivolando dalla sua manica. Lei la fece passare attraverso la
sua gola, sotto al mento, indietro e verso l’esterno con un unico
movimento fluido. Ne seguì una pioggia rossa, e la luce nei suoi occhi
si spense.
“Valar Morghulis,” sussurrò Arya, ma Raff Dolcecuore non la udì.
Tirò su col naso. ‘Avrei dovuto aiutarlo a scendere le scale prima di
ucciderlo. Adesso dovrò trascinarlo fuori fino al canale e gettarcelo
dentro. Le anguille faranno il resto’.
“Mercy, Mercy, Mercy,” cantò tristemente.
Una folle ragazzina ridacchiante, ma di buon cuore. Le sarebbe
mancata, così come le sarebbero mancati Daena, e Snapper e gli altri,
perfino Izembaro e Bobono. Questo sarebbe stato un problema per i
Signori del Mare e per l’inviato con il pollo sul petto, non aveva
dubbi.
Ma ci avrebbe pensato più tardi, comunque. Adesso non c’era tempo. Meglio che si sbrigasse.
Mercy aveva ancora una parte da recitare, la sua prima ed ultima, ed
Izembaro avrebbe avuto la sua testa se avesse fatto tardi al suo stupro.
Per leggere il primo capitolo di 'The Winds of Winter' su Theon clicca qui.
Traduzione integrale in italiano, dell' estratto del capitolo su Arya Stark dal nuovo libro di prossima uscita di G.R.R. Martin, "The
Winds of Winter" - Gli altri capitoli e anticipazioni saranno pubblicati
prossimamente.
Versione originale: Excerpt from the Arya chapter
Tradotto da questo blog - Release chapters - Data di pubblicazione: 2014
Tratto dalla saga Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco vol.13
A Song of Ice and Fire Book n.6 ITA